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La barricata inesistente

La barricata inesistente
Una delle ragioni per cui il referendum costituzionale di domenica prossima ha acceso così tanto gli animi è che viene percepito da molti come una tagliola. Qualcuno, in un modo o nell’altro, dovrà infilarci la zampa.

Le elezioni politiche di solito non sono così: prevedono sempre un margine di composizione fra le parti, di accordi alla luce del sole o sotterranei, di volemose bene più o meno celati ai quali la politica professionale italiana ci ha da sempre abituati. Come accade talvolta nel calcio, allo spettatore pagante si vende pathos, identificazione, lacrime e battaglie e si restituisce spesso, al contrario, amichevoli frequentazioni, piccole sceneggiate a favore di telecamera e reciproche comprensioni.

In questo caso è diverso. Non tanto per gli attori in campo, che non sarà difficile immaginare il 5 dicembre alla ricerca di un qualche avvicinamento che tuteli vinti e vincitori, ma per gli elettori stessi che individuano nel voto a questo referendum l’occasione per un proprio liberatorio spargimento di sangue. Molti voteranno NO per abbattere Renzi, molti voteranno SI’ per chiudere la partita con una serie di cariatidi della politica italiana che stanno utilizzando il voto come inattesa bombola d’ossigeno ad una carriera politica ormai conclusa (Berlusconi, D’Alema, Bersani, Gasparri, Brunetta ecc).

È come se gli elettori si fossero convinti che a questo giro sarà per loro possibile incidere davvero nella carne della politica nazionale. Pur se con un voto personale (nel senso di dedicato a qualcuno che si detesta) gli italiani si affrontano sui social network a favore del SI’ e del NO quasi sempre per ragioni accessorie ai quesiti referendari. Perché questa è vista come la volta buona per dare una lezione a qualcuno.

E come il centravanti che sbaglia il rigore decisivo e finge la lacrimuccia di dispiacere a favore di telecamera mentre sogna solo la doccia ed il rapido ritorno a casa, gli italiani discutono di titolo V e di bicameralismo perfetto per non dire esplicitamente quanto sia acuto il loro disamore per la classe politica che li governa. Per quella passata che sembrava finita ma ora vorrebbe risorgere dai propri fallimenti o per quella attuale che nel rapido arco temporale di un paio d’anni li ha così tanto delusi. In entrambi i casi il referendum è una scusa. Nessuno voterà sul merito e tutti penseranno a quali bellissime teste sarà possibile far rotolare.

È una illusione tutto sommato tenera (per quanto cruenta) quella di contare qualcosa allontanando dalla politica i suoi simboli più detestati. Che oggi sono così variamente distribuiti dalle due parti di una barricata inesistente.
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