Cercasi offerta politica liberale
La repentina caduta del Governo Renzi ha messo ancor più in evidenza il livello a dir poco infimo dell’attuale offerta politica italiana.
A contendersi la guida del Paese, infatti, abbiamo tutta una serie di partiti e movimenti di cui si fa veramente una gran fatica a trovare elementi di ragionevolezza nelle loro linee programmatiche. Ad un Partito Democratico, almeno per ora, renziano dichiaratamente riformista (sebbene, in quasi tre anni di Governo, l’unico barlume di riforma strutturale si riesca scorgere solo in alcuni aspetti del cosiddetto Jobs act), si contrappongono i grillini dell’onestà a Cinque Stelle e i sovranisti di Salvini e Meloni. Per il resto appare ancora forte il partito condotto da Silvio Berlusconi, Forza Italia, ma attualmente - soprattutto dopo l’inaspettato allontanamento di Stefano Parisi - privo di una linea politica definita e che vada al di là dell’innegabile carisma personale di un signore che ha compiuto i fatidici ottant’anni.
Ora, in estrema sintesi, la logica vorrebbe che dopo il clamoroso fallimento politico di Matteo Renzi - un fallimento che, al di là del referendum costituzionale, si trova scritto a caratteri di fuoco nell’andamento molto deludente dell’economia e nel disastro che si sta profilando nei conti pubblici - il pallino passasse ad un partito o ad una coalizione che si presentasse in netta discontinuità con le politiche fin qui seguite dall’ex sindaco di Firenze. Ma il problema, così come mi trovo a ripetere con una certa insistenza, è che se l’alternativa al blairismo molto annacquato di Renzi è rappresentato dai giacobini dell’onestà di Grillo e Casaleggio o dal sovranismo autarchico della destra lepenista rischiamo veramente di cadere dalla padella alla brace, come si suol dire.
Sotto questo profilo si avverte in modo sempre più grave la mancanza di una solida componente liberale la quale, pur nei limiti di un sistema democratico come il nostro, ponga al centro del dibattito una serie di istanze volte a ridimensionare il peso dello Stato e degli apparati pubblici nella società, indicando ad un popolo sempre più confuso una via di salvezza che faccia leva più sul senso della responsabilità individuale e assai meno sulla strada dei miracoli prospettata da altri. Certo, in una fase di perdurante crisi economica risulta ancor più difficile per una collettività drogata da decenni di assistenzialismo guardare con benevolenza a chi intenda proporre in Italia ciò che è stato fatto in molti Paesi avanzati dell’Occidente, ossia una decisa riduzione del perimetro pubblico.
Ma come diceva quel gran liberale di Luigi Einaudi, per deliberare occorre conoscere. Ebbene, se chi svolge il delicato ruolo dell’informazione, soprattutto quella economica e finanziaria, non si limitasse a fare da grancassa a questo o quel Governo, o a questo o a quel partito, ma cercasse di rendere edotti i più in merito alla nostra drammatica fragilità sistemica, forse in tal caso i pochi veri liberali di questo disgraziato Paese potrebbero pensare a qualcosa di diverso rispetto ad una funzione di mera testimonianza intellettuale.
In caso contrario, se il tanto vagheggiato partito liberale di massa non dovesse mai realizzarsi sotto il nostro cielo, ci penserà l’amara realtà fattuale ad incaricarsi di riportare sulla terra un popolo di inguaribili sognatori.
di Claudio Romiti - opinione.it
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