Colpevole. Di intraprendenza
di Giovanni Sallusti - www.lintraprendente.it
Il diciassettenne torinese che vendeva merendine ai compagni (ormai vero perseguitato) è stato multato con 5mila euro. Si è macchiato di una colpa imperdonabile, nel Paese delle industrie di Stato e dei politici di carriera: ha avuto un guizzo imprenditoriale. Il nostro consiglio: vattene ragazzo, tu che sei in tempo, e sii libero...
Questa è una brutta storia, peggio, è ignobile, uno spaccato del Paese in cui mi vergogno di vivere, e di provare a intraprendere. Ma già questo è troppo, per loro: avere un’idea, un guizzo della mente oltre la tristezza del già dato, inseguirlo, provare a tradurre il pensiero in azione, inventarsi qualcosa che offra un bene agli altri e generi del profitto per se stessi. Sì, profitto, la parola che fin dai banchi di scuola una classe insegnante/dirigente mediocre, ipersindacalizzata, dedita al livellamento costante delle coscienze, ci agita in faccia come il demonio. Che poi, nella realtà fuori dai Consigli d’Istituto, il profitto è ciò di cui vivono le società moderne, avanzate, fondamentalmente libere (fatevi un giro nella Silicon Valley, 97% di occupazione).
Non è un’espressione retorica, fin dai banchi di scuola. È cronaca (nera), ci svuotano fin da lì, con la scusa dell’educazione (la loro, sempre), è nel luogo in teoria deputato alla fortificazione dell’intelletto che ci instillano il dogma laico del collettivismo, l’orrore del talento e della diversità, la scomunica per il deviante. Prendete, ancora (purtroppo) la storia del diciassettenne studente di Moncalieri, nel Torinese, che vendeva ai propri compagni snack “alternativi” a quelli delle macchinette scolastiche, ormai vero e proprio perseguitato di Stato a cui questa redazione, per quel che vale, urla tutta la propria solidarietà umana. L’ultima punizione a cui è stato sottoposto questo ragazzo (un eroe dell’ordine spontaneo della catallassi, direbbe Hayek, da ricondurre costi quel che costi all’ordine italico della norma e degli uffici), dopo la sospensione per dieci giorni e il 6 in condotta (roba che non sì dà nemmeno a chi aggredisce il professore a calci), è troppo anche per coloro che, come chi scrive, non nutrono alcuna illusione sul tasso di statalismo feroce del nostro Paese. Gli hanno contestato la violazione della legge sul commercio (il quale in una società civile non avrebbe alcun bisogno di essere normato e regolamentato, sarebbe semplicemente lasciato libero di esprimersi), comminandogli una multa. Di cinquemila euro. Non so se avete capito, se abbiamo capito, le orecchie di qualunque uomo affezionato alla libertà dovrebbero sanguinare. Cinquemila euro a un diciassettenne che (peraltro per contribuire a difficoltà economiche famigliari, care anime belle dell’aperitivo radical ormai completamente scisse dalla sofferenza quotidiana) si è macchiato di una colpa imperdonabile, nel Paese delle industrie di Stato e dei politici di carriera. Ha avuto un guizzo imprenditoriale. Si è ingegnato, ha creato un’offerta più intonata alla domanda, è andato nei discount a cercare le merendine migliori per rapporto qualità/prezzo, ha ri-tarato la sua offerta in base al responso della clientela, presentando snack non previsti dalle macchinette scolastiche, il tutto a un prezzo minore. Generando dunque anche benessere diffuso, ampliando le possibilità di scelta e migliorando la vita del consumatore, in questo caso i suoi compagni di scuola, come sempre fa la concorrenza quando si presenta nella sua veste autentica, spontanea, di per sé innovativa. Troppo, inaccettabile, per un Paese che nel 2016 trovavate all’ottantaseisemo posto nella Classifica della Libertà Economica, tra il Marocco e il Madagascar, e non è una battuta, è una tragedia nazionale. Non va solo sospeso, non solo va colpito nella valutazione della condotta a causa di un comportamento creativo e fruttuoso, un ossimoro devastante che potrebbe segnargli il carattere a vita, ma va colpito duro, non dovrà neppure conservare un vago retopensiero sulla possibilità di perseguire un’iniziativa in proprio, che intacchi la merendina di Stato, la scuola di Stato, il capitalismo di Stato che domina in un Paese dove ci sono dei buontemponi (per la verità in aumento, e purtroppo anche “a destra”) che se la prendono quotidianamente con le storture del libero mercato.
Il libero mercato non esiste, è questo che un ragazzo diciassettenne eccentrico e intraprendente deve imparare, a caro prezzo. Cinquemila euro, per la precisione. Che schifo. Vattene, ragazzo, tu che non sei ancora invischiato per rapporti o professione, tu che sei stato manganellato e tosato, ma non ancora fregato irrimediabilmente, tu che puoi ancora ribaltare il tavolo in cui vogliono obbligarti a giocare, quello dove il mazziere vince sempre, e non sei mai tu, non sono mai io, è sempre lui, il Leviatano vigliacco e assassino d’intelligenze. Vattene, e sii libero.
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