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Liberali italiani, adesso o mai più
Lettera aperta del Presidente della Fondazione Luigi Einaudi Giuseppe Benedetto pubblicata sulla Stampa del 17 ottobre 2017
Egregio Direttore,
in un interessante articolo Alessandro De Nicola, concludeva chiedendosi, a proposito del mondo liberale, “perché in Italia, patria di Luigi Einaudi e Ugo La Malfa e con una solida cultura liberaldemocratica non succede nulla?”, a differenza di quanto avviene in altri Paesi Europei dove recentemente i liberal-democratici hanno colto notevoli successi elettorali.
In queste ore, anche in vista del nuovo sistema elettorale che si appalesa all’esito dell’approvazione del c.d. Rosatellum alla Camera, la Fondazione Einaudi, naturale e storico punto di riferimento dei laici liberali italiani, è tempestata sul sito e nei social di domande e richieste che sostanzialmente ricalcano il quesito di De Nicola.
La risposta non è semplice e probabilmente va ricercata nei limiti intrinseci ai liberali italiani, afflitti da uno sfrenato individualismo, miope e autolesionista. Ma non è questa la sede, anche per ragioni di spazio, nella quale voglio approfondire la pur interessante questione.
Quel che qui interessa è capire cosa oggi è possibile.
Bene alla luce del testo della riforma, al di là delle critiche sempre legittime che si possono fare alla novella legislativa, quel che mi pare evidente è: oggi o mai più! La nuova legge elettorale, qualora dovesse passare il vaglio del Senato, consente ad una forza liberale di presentare le sue proposte politiche all’elettorato italiano con buone chance di essere ascoltati.
Di questo siamo tutti sufficientemente convinti.
Ma qui cominciano i problemi, legati sostanzialmente alle alleanze. Ecco, le alleanze, la “maledizione dei liberali”. Essi da anni si esercitano nel vano sforzo di accusarsi a vicenda di essere gli uni più vicini al centrodestra, gli altri al centro sinistra.
Quel che cerchiamo da tempo di far comprendere agli amici liberali impegnati attivamente in politica è che le alleanze vengono dopo. Prima bisogna esistere in quanto tali. Continuare a dividersi tra chi è più vicino alla destra e chi alla sinistra è miope e, oltretutto, autolesionista.
I liberali devono tornare ad esistere come forza politica organizzata indipendentemente dalle alleanze. Devono proporre le loro ricette su Europa, Innovazione, Giustizia, Fisco, marcando la loro, la nostra, identità.
E, a proposito dell’identità, occorre dire una volta per tutti che il nostro convinto europeismo ci obbliga ad essere europei anche nelle scelte di schieramento. I liberali italiani devono fare lo sforzo di presentarsi uniti sotto le bandiere dell’ALDE. Che senso ha continuare a proporre “quarte o quinte gambe” di questa o quella coalizione, insieme a pur rispettabili personaggi e forze (o debolezze) politiche che aderiscono al PPE o al PSE?
È una minestra indigesta per i liberali italiani, per i tanti giovani che ci dicono di sperare nella nascita di una forza fresca, innovativa, autenticamente liberale. Sempre più queste operazioni appaiono le bad company di altre forze, che ovviamente considerano i liberali aggiuntivi, quasi un fastidio, al massimo utili per portare qualche consenso residuale.
In Europa i liberali stanno con i liberali. Il partito e il gruppo al Parlamento europeo, a cui aderiscono tutte quelle forze politiche a cui proprio De Nicola ha fatto riferimento nel suo articolo, è l’Alde.
La Fondazione Einaudi svolge una funzione eminentemente culturale e, ritengo, lo faccia bene e deve continuare a fare il suo mestiere.
Ma, volentieri raccogliamo l’appello che ci rivolgono Guy Verhofstadt e Hans Van Baleen di far da supporto, quasi da levatrice, ad una forza politica che si assuma l’improbo compito di riportare i liberal-democratici nel Parlamento italiano dopo 25 anni di assenza: da quando il P.L.I., il P.R.I. e il P.R. sono usciti dall’Istituzione parlamentare.
Coraggio.
Giuseppe Benedetto
Presidente della Fondazione Luigi Einaudi