MPS e la lista degli insolventi: trasparenza o gogna ?
Nelle mani della politica, anche le idee migliori rischiano di trasformarsi nel loro contrario. La trasparenza, per esempio. Da una parte, quando si ha a che fare con i soldi di tutti, è auspicabile che i sopra citati "tutti" siano informati circa l’uso che ne viene fatto. Altra cosa è gettare nomi e cognomi in pasto ai giornali, solleticando il più profondo bisogno di ogni folla: quello di trovare un colpevole. La trasparenza è talvolta un principio di gogna. Con lo stesso scopo di sempre: offrire al pubblico pagante un comodo diversivo per sfogare i propri rancori.
E’ il caso di una delle proposte su cui, in queste ore, si sta consolidando un certo consenso, nella politica italiana. Lo sfondo è di nuovo la vicenda MPS, vicenda che più di altre servirà forse agli storici per farsi un giudizio sulla nostra classe dirigente.
Il Partito Democratico ha suggerito che "Il governo renda noti i nomi dei principali debitori insolventi delle banche in risoluzione e quelle oggetto dell’intervento preventivo dello Stato". Il Sottosegretario Barretta, dicendosi pronto a "una riflessione tecnica approfondita in Parlamento", ha fatto presente che "bisognerà distinguere tra chi non ha restituito i prestiti perché è fallito, magari ha avuto difficoltà indotte dalle stesse banche, e i comportamenti dolosi". Sarebbe il minimo, come accortezza: tant’è che l’ordinamento distingue imperizia e imprudenza dal dolo, mettendo a disposizione dei soggetti preposti i mezzi per sanzionare le condotte nelle sedi più appropriate.
E’ chiaro che gli amministratori di MPS negli anni scorsi hanno mal gestito le risorse a loro disposizione, e probabilmente fatto errori nell’erogazione del credito. Non è improbabile che alcuni di questi errori siano figli di rapporti impropri, quali quelli che la governance della banca consentiva fra gli amministratori e chi, sia pure indirettamente, li nominava: ovvero, i rappresentanti territoriali di un partito politico.
E’ sicuramente opportuno che il nuovo azionista di controllo operi affinché siano riesumate le procedure seguite per concedere i fidi; individuate manchevolezze o casi di dolo; licenziati i responsabili e nel caso segnalati alla autorità giudiziaria. Se il Tesoro davvero vuole risanare la banca, per rimetterla poi sul mercato, così si deve comportare.
Ma le necessarie verifiche nulla hanno a che vedere col rendere pubbliche le liste dei finanziamenti andati a cattivo fine. L’insolvenza di alcune imprese è senz’altro fra le concause della crisi di MPS. E tuttavia, il fallimento non è di per sé il segnale di un intento doloso. L’attività d’impresa è incerta per definizione, e proprio per questo l’attività bancaria è così complessa e delicata a sua volta. Solo chi non fa nulla non sbaglia mai, dice il vecchio adagio: la lista dei bancarottieri farebbe passare per assaltatori alla diligenza persone che hanno preso consapevolmente dei rischi, sbagliando le proprie valutazioni, senza che nulla cambi nella possibilità per la banca "salvata" di chiedere comunque indietro i fondi mutuati. Ben diverso è il caso dei risparmiatori che hanno sottoscritto obbligazioni subordinate. Anche costoro hanno corso dei rischi ma affermano di non esserne stati messi correttamente a conoscenza, e pertanto chiederanno e otterranno un rimborso a spese dei contribuenti.
Dicesi sussidio: tutti siamo chiamati a pagare per gli esiti, sicuramente da nessuno auspicati, delle scelte di alcuni.
Se si ragiona con un minimo di serietà, trasparenza è che il contribuente possa sapere chi beneficia del suo aiuto. Non gettare liste nel tritacarne mediatico, sperando bastino a sviare l’attenzione.
Istituto Bruno Leoni